
È Alessandro Volta, attorno al 1780, a chiamare questo strumento con i nomi di “elettroscopio”, “micro-elettroscopio” o, meglio, “condensatore dell’elettricità” [1]. Tramite lo strumento è resa osservabile una quantità di carica elettrica altrimenti troppo bassa per essere evidenziata. Lo stesso Volta nel 1782 lo descrive come [1]:
un apparecchio, che portando a uno straordinario ingrandimento i segni elettrici fa si, che osservabile divenga e cospicua quella virtu’, che altrimenti per l’estrema sua debolezza sfuggirebbe i nostri sensi.
Con questo strumento, Volta studia sia “l’elettrificazione naturale”, indotta dall’atmosfera che quella “artificiale”, prodotta da un corpo carico elettricamente, per esempio una bottiglia di Leida. L’apparecchio è composto da due dischi di ottone, delle stesse dimensioni, sovrapponibili. Apparecchi di questo tipo furono usati nella seconda metà del XVIII secolo anche da altri studiosi di elettricità ma Volta afferma di averlo inventato come derivazione del suo elettroforo. Sperimentalmente osserva che la presenza di un secondo disco permette al primo, in contatto con un conduttore carico elettricamente, di assumere una maggiore carica elettrica rispetto a quando viene elettrizzato da solo. Questa proprietà è ciò che viene chiamato “condensazione o accumulo di elettricità”. In questo strumento, il disco superiore, che Volta chiama scudo come nell’ elettroforo, è dotato di un manico di vetro verde (isolante) che termina con un pomello di legno e un anello di metallo. Quello inferiore, chiamato piatto, ha un piedistallo di legno unito al disco tramite un cilindretto di vetro verde. In un fascicolo del registro inventariale del Gabinetto di Fisica (individuato dalla lettera B), al n.670 è riportata questa descrizione dello strumento: Condensatori a piano di cristallo. Questo induce a pensare che lo strumento fosse dotato anche di un piano di cristallo (o vetro) con funzione di dielettrico. Volta, nella memoria letta alla Royal Society il 14 marzo 1782 [1], illustrando con dettaglio le modalità di alcuni esperimenti da lui effettuati, descrive un piatto inferiore con una incrostatura di resina sottile, liscia, elettricamente scarica nella sua parte superiore con funzione di isolante o, meglio, di cattivo conduttore che forma, quando lo scudo è appoggiato al piatto inferiore, proprio un condensatore a piatti piani paralleli separati da un dielettrico.
Se un conduttore carico viene posto a contatto con lo scudo e contemporaneamente viene messa a terra la parte inferiore del piatto inferiore, per esempio toccandola con la mano, lo scudo viene elettrizzato e per induzione il piatto si carica con segno opposto. Interrompendo il contatto tra il conduttore carico e lo scudo, si solleva quest’ultimo e se ne verifica la carica elettrica, per esempio, con un elettrometro oppure semplicemente producendo una scintilla elettrica che lo scudo può continuare a fornire per tempi estremamente lunghi in corrispondenza a ciascuna delle volte che viene separato dal piatto mediante il manico isolante.
Volta, nella descrizione del suo condensatore [1], raccomanda che il conduttore che serve per elettrizzare lo scudo non sia troppo carico. In questo caso, al posto della resina isolante, suggerisce cattivi isolanti quali una semplice vernice o strato di cera, al limite, al posto del piatto con resina, una lastra di marmo asciutta e pulitissima verniciata, un piattello di legno secco oppure incrostato di gesso oppure verniciato, un piatto qualsiasi ricoperto di tela cerata, di taffetà cerato o di seta. Per spiegare il funzionamento del suo condensatore, Volta fa uso dei concetti di “capacità” e di “tensione”, già esposti in una memoria epistolare di qualche anno prima [2], dove i risultati ottenuti sono interpretati tramite la sua teoria delle “atmosfere elettriche”, ossia atmosfere “attive” dal punto di vista elettrico nello spazio attorno ai corpi elettrizzati. Definisce la “tensione” come “lo sforzo che fa ciascun punto del corpo elettrizzato per disfarsi della sua elettricità, e communicarla ad altri corpi” [1]. Afferma, inoltre, che la capacità di un conduttore è in ragione inversa alla tensione e che la capacità dello scudo è molto maggiore quando questo è posato sul piatto piuttosto che quando è sollevato in aria per il manico isolante. Dai suoi esperimenti, Volta deduce anche che la capacità, C, di un conduttore carico è tanto maggiore quanto più è vicino ad un altro conduttore carico e che, a parità di “quantità di elettricità” (quantità di carica, Q), la tensione, T, del conduttore si abbassa se si avvicina ad un piatto conduttore.
Riassumendo: Q=CT relazione che è ancora presente in tutti i testi di Fisica Generale [3,4].
Successivamente, Volta collegherà direttamente il condensatore ad un elettrometro, componendo così uno strumento chiamato elettrometro condensatore
Capacità di un conduttore isolato
È definito capacità di un conduttore carico isolato il rapporto costante tra carica e potenziale elettrico. Si misura in farad. Non dipende dalla sostanza di cui è fatto il conduttore ma solo da caratteristiche geometriche, quali dimensioni e forma.
Dielettrico
Un dielettrico è un materiale isolante che, se inserito tra le armature di un condensatore, ne aumenta la capacità.
Elettrometro
In generale si intende un qualsiasi strumento elettrostatico che permette di misurare i potenziali elettrici. Un elettroscopio a foglie è quindi sostanzialmente un elettrometro.
Tensione elettrica e differenza di potenziale
In elettrostatica la tensione elettrica coincide con la differenza di potenziale, definita come l’energia necessaria per spostare una carica unitaria tra due punti in un campo elettrico. Nel sistema internazionale di unità di misura è misurata in volt.
Alessandro Volta [5]
Alessandro Volta, nato a Como nel 1745, è stato un fisico, chimico e inventore di strumenti scientifici, fra cui la pila, il primo generatore di corrente continua. Si occupa di elettrostatica, eudiometria, pneumatica, calore. Scopre anche il gas metano. Compie i suoi primi studi in famiglia, seguito da uno zio paterno che avrebbe voluto avviarlo agli studi giuridici, successivamente studia retorica e filosofia presso i gesuiti e nel 1761 entra in seminario. Inutili sono i tentativi della famiglia per farlo diventare sacerdote o per fargli intraprendere studi legali. I suoi principali interessi sono gli studi scientifici che svolge al di fuori delle sedi istituzionali universitarie, solo guidati dalla curiosità e da personali letture. Mantiene un fitto scambio di corrispondenza con importanti “fisici elettrizzanti” del tempo, quali Jean Antoine Nollet, Giovanni Battista Beccaria, di cui fu allievo, con l’abate Lazzaro Spallanzani, naturalista, a cui indirizza una memoria e successivamente con i naturalisti Horace Benedict de Saussure e Jean Senebier. Fin dal 1765, studia e compie esperimenti nel laboratorio che l’amico e canonico Giulio Cesare Gattoni gli mette a disposizione nella sua casa. Pubblica la sua prima memoria nel 1769, De vi attractiva ignis electrici, ac phænomenis inde pendentibus, diretta a Beccaria, nella quale polemizza sull’interpretazione dell’induzione elettrostatica. Nel 1774 è nominato prima reggente poi, nel 1775, professore di Fisica sperimentale nelle Regie scuole di Como. Nel 1778 è chiamato come professore di Fisica sperimentale all’università di Pavia, dove opera per circa 40 anni. Le lezioni pubbliche di Volta sono talmente affollate che l’imperatore ordina la costruzione di un nuovo “teatro fisico” e concede a Volta ingenti finanziamenti per l’ampliamento della collezione di strumenti scientifici per il Gabinetto di Fisica che Volta acquista anche durante i suoi viaggi in Europa. Notevole è l’interesse di Volta verso l’elettrostatica, nei suoi studi diventano sempre più espliciti i concetti di potenziale (la tensione come la chiama Volta), di capacità di un conduttore, di carica elettrica e la convinzione che l’elettrometro rappresenti lo strumento adatto per misure di tensione. Nel 1775 inventa l’elettroforo perpetuo, strumento basato sull’induzione elettrica, che suscita molto interesse nella comunità scientifica. Nel 1778, scrive una lettera a de Sausurre [2] in cui si legge la descrizione del suo elettrometro:
…….Elettrometro ( mi servo ancor io come voi di un semplice filo di lino teso leggermente da una pallottola di sovero , e che pende lungo il dorso d’un assicello).
Nel 1780 inventa il condensatore di elettricità, che presenterà qualche anno più tardi, in occasione di un viaggio attraverso molti stati europei, alla Royal Society di Londra [1] in cui la relazione tra carica, potenziale e capacità di un conduttore è ormai definita. Volta non dispone di conoscenze approfondite di matematica, ma è un capace fisico sperimentale. Inventa anche l’elettrometro condensatore, ossia un elettroscopio collegato ad un condensatore ed apparecchiature per lo studio della elettricità atmosferica.
Nel 1776, Volta ha notizia della scoperta di un‘”aria” infiammabile che nasce dal terreno. Ne inizia la ricerca e lo studio; la chiama “aria infiammabile nativa delle paludi”, poi dai chimici chiamata metano. Questi studi lo portano a realizzare una curiosa “pistola ad aria infiammabile”, una “lucerna ad aria infiammabile” e a una modifica degli eudiometri allora in uso.
Nota e presente in tutti i testi di Fisica Generale è la legge che descrive la variazione di volume per una trasformazione a pressione costante di un gas perfetto. Questa legge è stata scoperta da Volta e da Gay Lussac in modo indipendente.
I precedenti meriti scientifici di primaria importanza sono, però, offuscati dalla sua più grande invenzione, la pila, che segue alla disputa, iniziata nel 1791, con Luigi Galvani circa l’elettricità animale. In quell’anno, Galvani, professore di anatomia a Bologna, pubblica in una memoria la teoria del fluido elettrico animale, ossia afferma che, se si tocca con un’estremità di un arco metallico il fascio di nervi lombari di una rana appena morta e scorticata e con l’altro capo i muscoli di una gamba, la rana guizza come scossa da violente convulsioni a causa di una elettricità di tipo animale. Volta, inizialmente, aderisce a questa idea ma poi si convince che non è la rana a produrre elettricità ma i diversi metalli che costituiscono l’arco. È l’inizio della sua teoria del contatto: si ha sbilancio elettrico (tensione) nel contatto di due conduttori diversi. È uno scontro non solo fra due diverse personalità ma anche tra due scuole quella di Bologna e quella di Pavia e due società diverse. Successivamente scopre, che si ottiene un effetto additivo se si inserisce un conduttore umido tra coppie bimetalliche tutte eguali e disposte nel medesimo ordine. Il 20 marzo 1800, Volta invia a Sir Joseph Banks, presidente della Royal Society, una lunga lettera che viene letta in una adunanza della società dove annuncia l’invenzione del “organo elettrico artificiale”, solo in seguito chiamato pila (dal francese appareil à pile), paragonato all’”organo elettrico naturale” della torpedine. Nel 1801 l’invenzione viene presentata in un incontro all’Istituto di Francia di Parigi alla presenza di Napoleone e su proposta di quest’ultimo gli viene assegnata una medaglia d’oro ed un cospicuo premio in denaro. Successivamente è nominato Cavaliere della Legione d’Onore (1805), Cavaliere dell’Ordine Reale Italiano della Corona Ferrea (1806), Senatore del Regno d’Italia (1809) e quindi Conte del Regno d’Italia (1810).
Con la caduta di Napoleone e il ritorno degli austriaci (1814-1815), Volta è costretto a fuggire per evitare l’ira del popolo che lo sapeva partigiano dei francesi. La Restaurazione austriaca non gli crea serie difficoltà: il Governo dl Vienna lo richiama a Pavia in qualità di Direttore degli studi filosofici dell’Università. Egli si ritira definitivamente dalla vita pubblica nel 1819 e muore a Como nel 1827.
Bibliografia
[1] A. Volta, XVI. Del modo di render sensibilissima la più debole elettricità sia naturale, sia artificiale, By Mr. Alexander Volta, Professor of Experimental Philosophy in Como, &c. &c.; Communicated by the Right Hon. George Earl Cowper, F. R. S, Phil. Trans. R. Soc.,72, 237–280, 1782 http://doi.org/10.1098/rstl.1782.0018
[2] A. Volta, Sulla capacità de’ conduttori elettrici, e sulla commozione che anche un semplice conduttore è atto a dare eguale a quella della boccia di Leyden, lettera al Sig. de Saussure (Como, 20 agosto 1778), in Opuscoli scelti sulle Scienze e sulle Arti, Tomo 1, Milano Giuseppe Marelli, 273, 1778. http://book.google.it. Provenienza dell’originale: La Sapienza – Università di Roma (Biblioteca di Filosofia), digitalizzato: 24 mag 2013
[3] E. Amaldi, Fisica Generale, parte II, Tipo-Litografia “Marves” Roma, 1965.
[4] P. Mazzoldi, M. Nigro, C. Voci, Fisica, 2, EdiSES Napoli, 2007
[5] Treccani, Alessandro Volta, Enciclopedia on line, https://www.treccani.it/enciclopedia/alessandro-volta/
Autore: Prof.ssa Sandra Morelli, Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche